Leonardo e Paul Valéry. Il dramma dell’intelletto

Conferenza tenuta da Marco Carniello per l’associazione Alliance Française Treviso il 29 Ottobre 2019 presso Palazzo Giacomelli di Treviso.

“Facil cosa è farsi universale”

Leonardo da Vinci

In queste pagine ci occuperemo del rapporto tra lo scrittore e pensatore francese Paul Valéry e Leonardo da Vinci, il grande genio rinascimentale. Come nasce questa strana coppia? Cos’hanno in comune due personaggi così lontani tra loro?.

Cominciamo col dire che quando ci si occupa di Leonardo da Vinci, celebrandone le gesta artistiche ed intellettuali, si tende quasi sempre a voler rintracciare il “vero” Leonardo, non quello del mito o di una certa tradizione romantica, bensì quello autentico e storicamente verificabile. Gli esperti perciò si impegnano giustamente a divulgarne un’immagine che sia il più aderente possibile alla realtà più che alla leggenda. In questa sede, tuttavia, ci muoveremo in una direzione ancora diversa, rinunciando ad una ostinata ricerca del “vero Leonardo” e, al tempo stesso, emancipandoci dalla dimensione “mitica” che avvolge questo personaggio. Grazie al contributo di Valéry, l’idea è sua (una delle sue prime grandi idee letterarie), tenteremo perciò di far rivivere non tanto il Leonardo della storia, quanto piuttosto un possibile Leonardo. Il Possibile di un Leonardo, cioè, ciò che potrebbe fare una mente come di quella di Leonardo.

Cosa può un uomo?

Per fare questo ci avvarremo di una domanda guida che dirige tutto il pensiero e l’opera di Valéry: Que peut un homme? Che cosa può un uomo? Quanto può un uomo? Quante cose può fare, quante cose può pensare? Qual è il suo limite?. Una domanda che quindi si interroga sui limiti dell’uomo e, in particolare, della mente umana. Fino a dove, fino a quanto lontano, può arrivare la mente dell’uomo?. Il primo tentativo di rispondere a questa domanda, Valéry lo compie pensando ad un uomo che, apparentemente, di limiti non ne aveva e che, anzi, rappresenta un caso-limite dell’ingegno, dell’intelligenza e della creatività umana: Leonardo da Vinci.  Pensare a Leonardo diventa così l’occasione per pensare a un modello di “mente perfetta”, una mente sconfinata e senza limiti. Porre questa domanda (“Cosa può un uomo?”), scegliendo come parametro di riferimento la mente di Leonardo, significa già mettersi in una situazione un po’ complicata. Sarebbe un folle chi volesse paragonare la propria intelligenza con quella di Leonardo. Eppure, un giovanissimo Paul Valéry, ha poco più di vent’anni quando comincia quest’impresa, ci prova. E in parte ci riesce. Trova un modo, un espediente per cavarsela, per non rimanere schiacciato da un’impresa tanto folle. Inventa un “possibile” Leonardo, una figura immaginaria che però è in grado di rivelare qualcosa di essenziale non solo del vero Leonardo, ma della mente dell’uomo in generale, e quindi della mente di ogni uomo, di ciascuno di noi. Leonardo diventa allora il personaggio di quella “Commedia dell’intelletto” a cui Valéry, per tutta la vita, cercherà di dare voce e forma nelle sue opere. Perciò senza rinnegare la naturale e irresistibile fascinazione che, inevitabilmente e in ogni epoca, Leonardo suscita in ciascuno, ci apprestiamo a servirci di una creatura immaginaria, costruita a tavolino dal nostro scrittore in erba, al fine di entrare nella mente del genio.

Edizione francese dell’Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci

È il 1894 e il nostro giovane Valéry comincia a lavorare ad uno scritto, ordinato su commissione per la Nouvelle Revue Française. Si tratta della sua prima opera in prosa che farà da apripista per il suo ingresso nel mondo delle lettere e l’inizio di una lunga e fortunata carriera. Un testo che passerà alla storia con un titolo alquanto altisonante: Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci. Una sorta di “introduzione”, di “premessa”, di “istruzioni per la comprensione” di quello che costituirebbe il “metodo” seguito dal grande genio rinascimentale per realizzare le sue opere. Le domande di fondo che sottendono questo interesse sono di questo tipo: Come ha fatto Leonardo ha fare quel che ha fatto? Come ha fatto un solo uomo a pensare, immaginare, progettare, inventare, costruire tante cose straordinarie (dipinti, macchine, chiese, fortezze, ecc.)? Come può la mente di un solo uomo arrivare a tanto? Come può muoversi con estrema agilità e perfezione dalla scienza all’arte, dal disegno delle piante all’ingegneria civile, dallo studio dell’anatomia al volo degli uccelli? Qual è il suo segreto? Qual è il “metodo” che può aver seguito? In altre parole: Come nascono le opere di Leonardo? Come si costruisce un’opera perfetta? Come nascono, come si arriva a realizzare, quelle che Valéry chiama, le “opere della mente”? Opere che nascono cioè dentro la mente e che, tramite una serie di passaggi e trasformazioni, diventano qualcosa di materiale che anche il pubblico può vedere, toccare, apprezzare? Cosa c’è dietro alla realizzazione di un’opera d’arte?.

Dunque, per tornare alla nostra storia, potrebbe sembrare che l’incontro tra Valéry e Leonardo abbia inizio proprio da qui, da questa prima operetta giovanile. L’Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci è un testo molto singolare, stratificato, denso di intuizioni, idee, nuclei tematici su cui l’autore tornerà a più riprese negli anni. Basti pensare alla sua particolarissima storia editoriale. Viene pubblicato nel 1895, ma negli anni seguenti, un Valéry ormai maturo non smette di tornarci e di lavorarci, commentandosi, criticandosi, integrando e aggiungendo pezzi a quanto aveva scritto in giovane età. Passano venticinque anni e ci ritorna con la Nota e Digressione (1919), un saggio chiarificatore aggiunto al testo originario. Poi, dopo 35 anni, l’autore lui ne ha quasi 60, ci ritorna nuovamente aggiungendo delle note a margine del testo principale che, in parte correggono il tiro su alcune scelte, in parte chiariscono certi passaggi e talvolta invece li complicano.

Ne esce così un’opera singolarissima, non solo per il suo contenuto in continua evoluzione, ma anche per la sua forma che nella sua versione definitiva si presenta come un groviglio di note e commenti che, a distanza di decenni, ancora si muovono attorno alla figura del genio leonardesco. In fin dei conti Leonardo rappresenta molto di più per il nostro Valéry. È una vera e propria ossessione: lo ritroviamo spesso nominato nei suoi Quaderni privati e ci ritornerà occasionalmente fino alla fine dei suoi giorni. L’ultimo saggio su Leonardo risale al ’42, Paul Valéry muore nel ’45. Come si diceva, che questa storia abbia inizio da qui, dalla pubblicazione dell’Introduzione al metodo, non è del tutto vero. Perché, prima di occuparsene direttamente in questo saggio, Valéry aveva già incontrato Leonardo in tempi non sospetti.

Sempre giovanissimo Valéry si reca al Louvre e vede per la prima volta La Monnalisa, o Gioconda. Quanto inchiostro è stato versato per commentare il sorriso di questa dama? Quanti cervelli si sono industriati per svelarne i misteri? A fronte di tanti tentativi, Valéry è convinto che dietro a questo sorriso ambiguo altro non ci sia che il calcolo scientifico del pittore che, seguendo determinati criteri di realizzazione, ha voluto suscitare nello spettatore determinati effetti. Nulla è lasciato al caso nella mente di Leonardo e tanto meno nella sua pittura. Questo sorriso è il risultato di una precisa tecnica che prevede di piegare la linea della bocca sull’arco di un cerchio la cui circonferenza tocca gli angoli esterni dei due occhi. Tutto è calcolato e il gioco è fatto.

Il sorriso della Gioconda

In un’altra occasione, Valéry giunge a Milano e visita il Cenacolo di Leonardo o Ultima Cena. Anche qui, la scena è studiata al millimetro: il centro della prospettiva è il Cristo, alla sua destra e alla sua sinistra stanno gruppi simmetrici di personaggi, i colori delle vesti sono giustapposti, ecc.. Basterà aprire un manuale di storia dell’arte per raccogliere tutte queste informazioni. Sappiamo anche la scena descritta è si riferisce a quel che accade nell’attimo immediatamente successivo alla frase di Gesù “Uno di voi mi tradirà”. Tra i discepoli si scatena il panico. C’è chi rimane sconcertato, chi si arrabbia, chi s’infuria. C’è chi arrossisce, chi si sente preso in causa, chi si spaventa. C’è anche chi non capisce il significato di queste tragiche parole.

“Uno di voi mi tradirà”

Insomma, da quelle poche parole si scatenano tutti i possibili stati d’animo dell’essere umano. E Leonardo li conosce tutti, perché è in grado di dipingerli. Questo affresco allora possiamo vederlo come un catalogo delle emozioni umane che si imprimono nei singoli volti e nelle loro espressioni. Come dirà Goethe, il vero protagonista di questo dipinto non è il Cristo, ma è il volto dell’uomo e quindi l’animo dell’uomo nelle sue innumerevoli sfaccettature. Questo voleva rappresentare Leonardo e questo riesce a fare studiando le espressioni facciali, le fisionomie e poi realizzando l’affresco con meticolosa pazienza e attenzione. Certamente seguendo un certo “metodo” di lavoro.

Se andiamo ancora più in là, un Valéry poco più che adolescente, aveva già in qualche modo intravisto Leonardo in una sua poesia degli esordi, Les chats blancs (I gatti bianchi), in cui, sulla scia di Baudelaire, paragona i corpi sinuosi e le pose femminei dei gatti ad un uomo (o una donna) dall’intelligenza profonda e lucida, “filosofica”. Baudelaire lo dice chiaro e tondo quando parla dei gatti: “pensosi” gatti, “amici della scienza”, un po’ “filosofi” con quegli occhi che come specchi “mi fissano e contemplano”.

Baudelaire e i gatti di Leonardo

Baudelaire e Leonardo, altra strana coppia. In uno dei primi poemi raccolti Les Fleurs du mal, il poeta annovera proprio Leonardo tra i grandi della storia dell’arte e del genio umano. In quattro lapidari versi c’è tutta la pittura di Leonardo: c’è tutto il tema del femmineo, dell’androginia tipica di certi soggetti prediletti; c’è lo Sfumato che è una delle tecniche pittoriche utilizzate per dare il senso della profondità e della lontananza di un paesaggio; è c’è anche tutto il sorriso della Gioconda.

“Leonardo da Vinci, specchio opaco e profondo,

dove angeli, col fascino d’un ambiguo sorriso,

sono avvolti nell’ombra, un paese, per sfondo,

di ghiacciai e di pini, una dolcezza in viso”.

Soggetti leonardeschi

Ma più tutti questi incontri occasionali, c’è un momento in cui il giovane Valéry rimane irrimediabilmente folgorato da Leonardo da Vinci e questo specifico incontro lo segnerà per tutta la vita e darà all’intera sua vicenda intellettuale una precisa direzione, unica nel suo genere. Alla Bibliothèque Nationale di Parigi sono conservati alcuni dei famosi Codici di Leonardo, i suoi manoscritti, pagine e pagine fitte fitte di disegni, progetti, appunti, teorie, studi. Tutto ciò che passa per la mente di Leonardo e che la tiene impegnata, si trova lì, scolpito su queste pagine ingiallite che, dopo la sua morte, sono state in parte raccolte, catalogate, ma anche smembrate e passate di mano in mano. Parliamo di un patrimonio inestimabile: circa centomila disegni e più di seimila pagine di appunti, oggi sparsi in biblioteche e musei di tutto il mondo, salvo il cosiddetto Codice Leicester che fa parte della collezione privata di Bill Gates (acquistato per quasi trentuno milioni di dollari). Perché cito Bill Gates? Per due motivi. Il primo perché mi sembra significativo che il fascino per Leonardo non ha risparmiato nemmeno chi ha rappresentato per decenni e su scala mondiale il “genio dell’informatica”. Ma c’è un secondo motivo, molto più intrigante, che è legato proprio a una delle invenzioni più di successi di Bill Gates: il sistema operativo Windows. Che vuol dire letteralmente “finestre”. Ora direte, che c’entra Leonardo con Windows? In un certo qual modo c’entra. È più una suggestione, ma seguiamola.

Le “finestre” di Bill Gates

Quello di Bill Gates è un sistema che si basa sulla possibilità di aprire, anche contemporaneamente, più “finestre” su cose diverse: la finestra per scrivere, la finestra per disegnare, apro la finestra per calcolare, ecc.. Una scrivania piena di fogli aperti e di strumenti insieme a un’attitudine volta a creare collegamenti tra le cose per poter lavorare su più fronti, su più progetti in simultanea e magari facendoli interagire tra loro.

Ecco, questa simultaneità e multidimensionalità del sistema operativo Windows possono essere considerati la trasposizione in digitale di ciò che avviene nei Codici leonardeschi in cui, su uno stesso foglio, la mente di Leonardo apre, contemporaneamente, finestre su i più disparati argomenti, interessi, oggetti di studio, dedicandosi ora alla scrittura, ora al disegno, saltando da un ambito all’altro, creando ogni tipo di collegamento possibile (oggi si chiamerebbero links) senza mai chiudere le finestre precedentemente aperte, mantenendo quindi vivi quella simultaneità e plurivocità, quel dinamismo, quel sistema di connessioni che in fin dei conti è ciò che caratterizza la nostra mente umana. Di fatto i codici di Leonardo sono degli ipertesti analogici, sono pagine tra loro collegate come in una rete. È un internet ante litteram.

 

Le “finestre” di Leonardo

Valéry vede i manoscritti di Leonardo e ne rimane completamente rapito. In quei fogli, la mente gel genio mette “nero su bianco” ciò che sta avvendendo dentro di essa. Il farsi del pensiero qui è raccontato e visualizzato in presa diretta. Guardare questi manoscritti è, in un certo senso, guardare dentro ad un cervello che lavora senza sosta. Ricordando allora questo evento capitale della sua giovinezza e riferendosi ai Codici di Leonardo, Valéry scriverà: “Fino a quel momento non potevo immaginare che esistesse un documento così straordinario della vita d’una mente formidabile”. Ora, da questo definitivo incontro con Leonardo, attraverso i suoi manoscritti, conseguono due fatti importantissimi per Valéry:

1. Da questa visione Valéry trae ispirazione per una delle idee più originali ed ambiziose di tutta la sua carriera. Idea che non abbandonerà mai più e che porterà avanti fino all’ultimo respiro. L’idea di una “Grande Opera” (forse ancor più grande di quella inseguita e mai realizzata dal suo adorato maestro Mallarmé o grande quanto quella realizzata da Balzac nella sua Comedie humaine). Una contro-opera, un’opera aperta, un’opera fatta di note, appunti, frammenti di una mente all’opera che guarda se stessa. Nascono così i famosi Cahiers di Paul Valéry.

 

I Cahiers di Paul Valéry

Per cinquant’anni, tutte le mattine all’alba, Valéry si mette alla scrivania e mette su carta ciò che nella sua mente mano a mano prende forma: passaggi, figure, frasi, ipotesi, abbozzi di idee. Tutto finalizzato a conoscere nel dettaglio ciò che accade nella sua mente e, contemporaneamente, finalizzato anche a costruire la sua mente, a darle una forma, ad esercitarla, a tenerla occupata in una infinita ginnastica mattutina. Questi Quaderni di Valéry, la sua opera privata (mai pubblicata in vita), diventano per lui la vera impresa letteraria da perseguire, qualcosa per cui valga la pena di scrivere: registrare, giorno dopo giorno, la vita di una mente all’opera, di un pensiero che sta pensando e che si guarda mentre si sta ancora facendo. Potremmo dire, chiedendosi quale sia l’algoritmo che la dirige. Di questa impresa (se non assurda, in qualche modo impossibile) restano migliaia e migliaia di pagine manoscritte (più di venticinquemila) che, anche solo da un punto di vista quantitativo non possono che essere messe in relazione con gli quaderni di Leonardo. A dire il vero, anche da un punto di vista visivo questi documenti possono essere assimilati. E c’è di più, perché i primi Cahiers compilati tra il 1891 e il 1895, in concomitanza con la stesura dell’Introduzione al metodo, spesso richiamano direttamente la figura di Leonardo. È la cosiddetta “Epoca del Léonard”. C’è ad esempio una pagina del primo Cahier di Valéry (Journal de Bord) che è quasi interamente riconducibile a Leonardo e ai suoi manoscritti. Vi riconosceremo alcuni uccelli stilizzati (richiamo agli studi sul volo di Leonardo?), lo scheletro di un albero o una foglia (richiamo agli studi di botanica?) e qualche abbozzo anatomico. E alcune frasi “misteriose” che sembrerebbero rievocare una sorta di lontana ascendenza tra lo scrittore francese e lo stesso Leonardo: “Portion de famille/ Son sang, le mien/Passion” (“Porzione di famiglia/Il suo sangue, il mio/Passione).

 

Il Journal de Bord di Valéry

2. C’è un secondo fatto che nasce dalla visione dei manoscritti di Leonardo ed è direttamente collegato all’opera di cui stiamo parlando, l’Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci di Paul Valéry. Arriviamo così a chiarire anche il titolo di questo articolo: Il dramma dell’intelletto. Qual è il dramma di cui parliamo? Per rispondere dobbiamo fare riferimento all’incipit del saggio in questioni, il quale sia apre con questa nuova domanda: Que reste-t-il d’un homme? Che cosa resta di un uomo?. Anche questa domanda pone la questione del limite, nella fattispecie, del limite ultimo di un uomo, cioè la sua morte. Potremmo così riformularla: Che cosa resta di un uomo dopo la sua morte? Cosa resta qui, una volta che abbiamo oltrepassato il nostro limite?. Che cosa resta di un uomo dopo la sua scomparsa? Il suo nome, il suo ricordo, il suo patrimonio? Le sue idee? O forse le sue opere, le cose che ha fatto o costruito con le sue mani? Che cosa resta di una vita intera dopo che è finita? Leggiamo allora dall’incipit la risposta fornita dal giovane Valéry. Da questa risposta non solo nasce il suo Leonardo da Vinci, ma possiamo dire, nasca anche lui stesso come scrittore. 

“Di se stesso, un uomo lascia alla meditazione degli uomini il proprio nome e le opere che fanno di quel nome un segno di ammirazione, di odio o d’indifferenza. Noi pensiamo che ha pensato, e quindi possiamo ritrovare nelle sue opere questo pensiero che gli giunge da noi: siamo cioè in grado di rifare quel pensiero sullo stampo del nostro. Possiamo, con facilità, rappresentarci un uomo normale: semplici ricordi ne definiscono i moventi e le azioni elementari. Fra gli atti indifferenti che costituiscono l’esteriorità  della sua vita, troviamo lo stesso ordine che regola i nostri; noi stessi ne rappresentiamo il nesso, al pari di lui, e il cerchio di attivitò suggerito dal suo essere non è più ampio di quello che ci appartiene”.

E continua:

“Ma se facciamo in modo che questo individuo si distingua in qualche punto, ci sarà più difficile rappresentarci le operazioni e il percorso del suo intelletto. Per non limitarci ad ammirarlo confusamente, saremo costretti a svolgere in un’unica direzione l’idea di quella particolarità che in lui ci sembra dominante, e di cui non possesiamo, probabilmente, altro che il germe. Ora, se tutte le facoltà di quell’intelletto che abviamo scelto sono tutte insie,me ampiamente sviluppate, oppure se cil che resta della sua zione appaere, in tutti  i campi, di primaria importanza, difficilissimo diventa fissarne in unità la figura, che tende a sfuggire sempre più al nostro sforzo. Da un’estremità all’altra di questa superficie mentale, vi sono distanszze tali che nessuno di noi ha mai percorso.,

 

SLIDE 17 A, B, C, D – CITAZIONE PAROLE CHIAVE

Il reste d’un homme ce que donnent à songer son nom et les œuvres qui font de ce nom un signe d’admiration, de haine ou d’indifférence. Nous pensons qu’il a pensé, et nous pouvons retrouver entre ses œuvres cette pensée qui lui vient de nous : nous pouvons refaire cette pensée à l’image de la nôtre. Aisément, nous nous représentons un homme ordinaire : de simples souvenirs en ressuscitent les mobiles et les réactions élémentaires. Parmi les actes différents qui constituent l’extérieur de son existence, nous trouvons la même suite qu’entre les nôtres ; nous en sommes le lien aussi bien que lui, et le cercle d’activité que son être suggère ne déborde pas de celui qui nous appartient.

SLIDE 18 A,B,C,D – CITAZIONE PAROLE CHIAVE

Si nous faisons que cet individu excelle en quelque point, nous en aurons plus de mal à nous figurer les travaux et les chemins de son esprit. Pour ne pas nous borner à l’admirer confusément, nous serons contraints d’étendre dans un sens notre imagination de la propriété qui domine en lui, et dont nous ne possédons, sans doute, que le germe. Mais si toutes les facultés de l’esprit choisi sont largement développées à la fois, ou si les restes de son action paraissent considérables dans tous les genres, la figure en devient de plus en plus difficile à saisir dans son unité et tend à échapper à notre effort. D’une extrémité de cette étendue mentale à une autre, il y a de telles distances que nous n’avons jamais parcourues.

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Come vedete la prosa di Valéry non è immediatamente accessibile (figuriamoci la sua poesia!). Ma proverò a fissare alcuni passaggi di questo celebre incipit.

Di se stesso, un uomo lascia alla meditazione degli uomini il proprio nome e le opere che fanno di quel nome un segno di ammirazione, di odio o d’indifferenza.

Che cosa resta allora d’un uomo? Il suo nome e ancora più le sue opere, le cose che ha fatto in vita e che possono essere più o meno apprezzate da chi rimane. Nel caso di Leonardo le sue opere sono da sempre molto apprezzate da chiunque. Difficile che generino indifferenza.

Guardando alle sue opere noi dobbiamo pensare che qualcuno le abbia pensate, ideate, immaginate, progettate e infine costruite seguendo un certo filo, un certo cammino del suo pensiero, un certo “metodo”. “Noi pensiamo che ha pensato” e possiamo provare a ripercorrere quel pensiero. Davanti alla Gioconda possiamo provare a ripercorrere il pensiero che ha portato Leonardo a realizzarla così come l’ha fatta. Questo pensiero – dice Valéry – ci rende, anche se solo per un attimo, uguali a Leonardo.

Perché prima di ogni cosa Leonardo è stato un uomo come noi. Allora per entrare nella mente di Leonardo la prima cosa da fare è immaginarlo simile a noi: un uomo normale, come si definiva lui stesso un “omo sanza lettere” (cioè non un professorone).

SLIDE 19 – UOMO COMUNE

Questo è il punto di partenza di Valéry per costruire il suo Leonardo, il possibile di un Leonardo: un uomo qualunque, un uomo che, semplicemente, pensa e ha pensato, un cervello tutto sommato ordinario, standard, un “cervello x”. Questa è la base per giungere a Leonardo: immaginare un uomo come tutti gli altri.

Al quale, però, dobbiamo riconoscere delle caratteristiche particolari, qualcosa che – in definitiva – accentui il distacco tra lui e noi e tra noi e lui.

Se torniamo a guardare ai suoi Codici, alle sue opere e alle cose che ci ha lasciato (alcune perfettamente compiute, altre perfettamente incompiute – una delle specialità di Leonardo – su questo ci sarebbe molto da dire: Leonardo è molto più interessato al processo che al prodotto finito, è più intrigato dai problemi posti dalla progettazione, dalla costruzione che dall’esecuzione concreta di opere che, una volta finite, non sono più per lui uno stimolo), ma se pensiamo alle sue creazioni artistiche e alle sue indagini in ogni campo del sapere, allora ci rendiamo conto che la nostra parità di livello iniziale comincia a vacillare.

Ciò che lo distingue da noi, però, non sono tanto le doti della sua mente, quanto piuttosto il loro grado di sviluppo. La loro attitudine, il metodo a cui sono sottoposte.

Insomma, per intenderci:

SLIDE 19.A – OCCHIALI

  • se tutti noi siamo in grado di osservare la realtà circostante, Leonardo è un ottimo osservatore;

SLIDE 19.B – TAVOLOZZA

  • se tutti noi sappiamo disegnare, lui fa del disegno il suo strumento di conoscenza del mondo; Cioè lui apprende attraverso il disegno, attraverso la disegnabilità delle cose

SLIDE 19.C – LAMPADINA

  • se tutti sappiamo fare dei collegamenti tra cose diverse, per lui questa è un’attitudine costante, è il suo pane quotidiano.

Leonardo non aveva più doti di noi, la sua mente non aveva più facoltà delle nostre (vedere, osservare, analizzare, intuire, immaginare, inventare), ma in lui queste facoltà erano sviluppate in modo eccezionale e per giunta continuamente sollecitate, allenate e potenziate da sfide sempre più grandi.

SLIDE 20 – ERCOLE

Per capire questo passaggio, che è la condizione di base per poter entrare nella mente del genio (del super eroe della mente), Valéry ci offre un’immagine molto efficace:

“Ercole – l’eroe, il super-uomo – non aveva un maggior numero di muscoli di noi: erano solo più sviluppati. E se io non riesco nemmeno a spostare la roccia che egli invece solleva, tuttavia la struttura dei nostri congegni resta la stessa: gli corrispondo osso per osso, fibra per fibra, atto per atto, ed il fatto che siamo simili mi consente di immaginare le sue fatiche”.

Così anche Leonardo, era un uomo come noi, che però ha saputo allenare e manovrare la sua mente in maniera eccezionale, fuori dal comune, dando vita a risultati fuori dal comune. Ma il fatto che la sostanza di base sia la stessa,  mi consente di immaginare il possibile funzionamento della sua straordinaria mente.

Ecco perché Leonardo è una creatura eccezionale, è un caso-limite che non finirà mai di incuriosire l’umanità: perché è uguale a noi, ma allo stesso tempo, è noi all’ennesima potenza. È un noi potenziato: è il nostro possibile. È il potere della nostra mente, del nostro pensiero. Que peut un homme?

Allora ascoltiamo da Valéry la descrizione di questo “mostruoso cervello” che ha pensato e fatto ogni cosa sapendo quello che stava facendo. 

Vi faccio subito notare (perché non ci sarà il tempo di soffermarsi troppo) le tre principali doti che Valéry assegna a Leonardo (doti che però non sono solo di Leonardo, ma che possediamo anche tutti noi):

  1. L’occhio, la capacità di vedere e osservare, il dono più prezioso che abbia l’uomo, la “finestra dell’umano corpo”. Nulla sfugge all’occhio di Leonardo, nessun dettaglio è trascurato dal suo sguardo attento e meticoloso (un po’ come i gatti di Baudelaire). Osservare con attenzione è la prima grande risorsa di Leonardo: un occhio che vede dentro le cose, uno sguardo che vede lontano.

  • Il rigore, la precisione, la costanza, la disposizione alla fatica. Ostinato rigore. Destinato rigore. Non si volta chi è a stella fisso. Se hai un punto fermo, se ti metti delle regole non le abbandonare mai. Perché mi do delle regole? Si chiede Leonardo: Per non promettere a me stesso cose impossibili. Per non fantasticare troppo. “Ostinato rigore” è uno dei tanti motti leonardeschi che Valéry farà proprio e ne farà l’elemento distintivo di tutta la sua ricerca e produzione poetica.

  • E infine la sua “universalità”, cioè la capacità di avere una visione complessiva delle cose, una visione globale della realtà, un approccio integrato e multidisciplinare volto a scoprire la realtà nella sua complessità e interdipendenza. Leonardo è anche e soprattutto l’“uomo universale” in un senso che chiariremo tra poco.

Sentiamo allora le parole di Valéry.

SLIDE 21 A,B,C,D,E – CITAZIONE 2 PAROLE CHIAVE

SECONDA LETTURA

Comme par l’opération d’un mécanisme, une hypothèse se déclare, et se montre l’individu qui a tout fait, la vision centrale où tout a dû se passer, le cerveau monstrueux ou l’étrange animal qui a tissé des milliers de purs liens entre tant de formes, et de qui ces constructions énigmatiques et diverses furent les travaux, l’instinct faisant sa demeure. La production de cette hypothèse est un phénomène qui comporte des variations, mais point de hasard. Elle vaut ce que vaudra l’analyse logique dont elle devra être l’objet. Elle est le fond de la méthode qui va nous occuper et nous servir.

Je me propose d’imaginer un homme de qui auraient paru des actions tellement distinctes que si je viens à leur supposer une pensée, il n’y en aura pas de plus étendue. Et je veux qu’il ait un sentiment de la différence des choses infiniment vif, dont les aventures pourraient bien se nommer analyse. Je vois que tout l’oriente : c’est à l’univers qu’il songe toujours, et à la rigueur. Il est fait pour n’oublier rien de ce qui entre dans la confusion de ce qui est : nul arbuste. Il descend dans la profondeur de ce qui est à tout le monde, s’y éloigne et se regarde. Il atteint aux habitudes et aux structures naturelles, il les travaille de partout, et il lui arrive d’être le seul qui construise, énumère, émeuve. Il laisse debout des églises, des forteresses ; il accomplit des ornements pleins de douceur et de grandeur, mille engins, et les figurations rigoureuses de mainte recherche. Il abandonne les débris d’on ne sait quels grands jeux. Dans ces passe-temps, qui se mêlent de sa science, laquelle ne se distingue pas d’une passion, il a le charme de sembler toujours penser à autre chose… Je le suivrai se mouvant dans l’unité brute et l’épaisseur du monde, où il se fera la nature si familière qu’il l’imitera pour y toucher, et finira dans la difficulté de concevoir un objet qu’elle ne contienne pas.

Un nom manque à cette créature de pensée, pour contenir l’expansion de termes trop éloignés d’ordinaire et qui se déroberaient. Aucun ne me paraît plus convenir que celui de Léonard de Vinci. 

—–

Che cosa accade allora dentro la mente di Leonardo? Dentro la mente di un uomo che pensa?

Scrive Valéry: “Internamente vi è un dramma. Dramma, avventure, sconvolgimenti” tutte queste parole vanno bene purché indichino, non tanto un dramma nel senso di “tragico”, ma un dramma nel senso di azione, azione teatrale, movimento, scambio di battute. Come se ci trovassimo su un palcoscenico e si stesse svolgendo una scena di teatro.

SLIDE 22 – DRAMMA

Questo è il dramma che si svolge nell’intelletto. È questa la Comèdie (non umana, ma intellettuale) dell’intelletto che ha luogo nella mente di un uomo ogni qualvolta stia pensando a qualcosa o stia progettando qualcosa da fare, da creare. Questo dramma è l’azione di tutti quegli attori che si affacciano nella nostra mente quando stiamo pensando: sono parole, immagini, suoni, figure, idee, visioni che prendono forma e che si combinano tra loro secondo una misteriosa logica interna.

Uno spettacolo invisibile agli altri, che solo noi possiamo vedere, solo noi possiamo provare a descrivere ciò che accade dentro la nostra testa. Solitamente di questo dramma non rimane alcuna traccia. No? Le cose che ci passano per la testa, passano, volano via. Dobbiamo essere veloci, rapidi, ad afferrarle. È questa la missione che Valéry intraprende nei suoi Cahiers.

Che cosa resta di questo dramma?

Solitamente poco niente.

Eppure – ci dice Valéry – se noi osserviamo i manoscritti di Leonardo, questo dramma invisibile lo possiamo vedere con i nostri occhi. I frammenti, i fotogrammi di questo laboratorio teatrale (laboratorio mentale) sono lì sotto i nostri occhi. Questi documenti straordinari ne sono la prova tangibile, la testimonianza scritta, il canovaccio di quel dramma interiore a cui chiunque sia in grado di pensare e di progettare qualcosa ha la possibilità di assistere.

Qui nascono le idee, le intuizioni, le invenzioni, le assurdità, le opere della mente. Nascono qui, ma solo dopo un periodo di dibattito interiore, che Valéry chiama “autodiscussione infinita” o più semplicemente dopo il dialogo tra sé e sé.

È suggestivo segnalare che a volte Leonardo nei suoi appunti si rivolge a se stesso dandosi de tu (mettendo proprio in scena questo dialogo interiore): “Dimmi come” faresti questa cosa, “dimmi come” risolveresti quest’altra. Sta parlando con se stesso, sta vivendo in prima persona il suo dramma, il dramma dell’intelletto.

Quindi la parola “dramma” è la metafora scelta da Valéry per dare a noi un’immagine abbastanza chiara (anche se non esaustiva) della mente umana, di una mente che lavora, di un pensiero che si sviluppa, della vitalità della mente. Ma se vi piace di più lo potremmo chiamare anziché dramma, il “cantiere” dell’intelletto: un cantiere edile o un cantiere navale in cui si muovono continuamente uomini, merci, macchine per costruire qualcosa di nuovo che prima non c’era. Questo è il luogo della creazione, sia essa artistica o scientifica. In Leonardo non c’è netta distinzione tra arte e scienza.

In questo dramma tutto è ancora in movimento, in fermento, nulla è già stabile, nulla è ancora deciso. Non si sa ancora se da quel trambusto di idee, di immagini, di ipotesi ne uscirà un teorema matematico, una macchina da guerra o un affresco. Tutto è ancora indistinto, informe, suscettibile di prendere una strada anziché un’altra, tanto da far credere che tra arte e scienza ci sia un fondo comune da cui questi due ambiti (che noi uomini moderni ci siamo abituati a tenere ben separati) traggono le loro risorse.

E questo fondo comune che cos’è?

É il pensiero, il potere del pensiero. Questo fondo comune, che fa da fondamento ad ogni tipo di operazione intellettuale, è il segreto di Leonardo, il quale mescola continuamente senza alcuna difficoltà la geometria con il colore, lo studio della natura con il disegno, l’anatomia con l’architettura, e via dicendo. Le cose dell’arte e le cose di scienza altro non sono che variazioni di un fondo comune: il farsi del pensiero prima che diventi qualcosa di determinato, di classificabile come cosa d’arte o cosa di scienza.

Bene, allora giunti a questo punto non ci resta un ultimo salto, non ci resta che entrare in questo dramma e sbirciare – per quanto possibile – dentro la mente di Leonardo per intravedere il metodo a cui allude il titolo del saggio di Valéry.

Al principio ci chiedevamo: Come ha fatto un uomo solo a fare tutto quello che ha fatto? Come ha fatto a progettare, immaginare, costruire tante cose diverse? Qual è il suo segreto?

Partiamo da uno dei motti più famosi di Leonardo:

SLIDE 23 – FACIL COSA

 “Facil cosa è farsi universale!”

Cosa vuol dire “farsi universale”? E soprattutto come può questa strana cosa essere una cosa “facile” a farsi?

Questo motto è spesso associato alla versatilità dell’intellettuale-artista rinascimentale e, quindi anche, di Leonardo. Ma Leonardo non è l’unico ad essere contemporaneamente pittore, architetto, ingegnere, anatomista, ecc.

Ma in realtà il significato di questa frase è più profondo e di gran lunga più affascinante.

Vediamo da dove è tratta questa affermazione:

SLIDE 23.A – CITAZIONE LEONARDO

“Facile cosa è, all’uomo che sa, farsi universale, poiché tutti gli animali terrestri hanno similitudini di membra, cioè di muscoli, nervi e ossa, e nulla si variano se non in lunghezza o in grossezza”.

Ecco, in tre righe, svelato parte del segreto di Leonardo, della sua genialità.

Una mente universale è una mente in grado di mettere in relazione, tramite l’immaginazione (cioé la capacità di creare immagini e di combinarle sapientemente), cose apparentemente diverse, che appartengono a ambienti e sistemi diversi (come quì l’anatomia umana con quella animale) per trarne una similitudine e un reciproco scambio di informazioni. In modo che confrontando due cose diverse si possano chiarire vicendevolmente. Guardate qui.

SLIDE 23.B – CANE-UOMO

Il metodo di Leonardo a cui Valéry guarda con tanto interesse (e anche molta invidia) consiste nel lavorare consapevolmente con l’immaginazione producendo la nascita di nuove immagini e mettendole in collegamento tra loro creando così analogie, metafore, connessioni inattese, non scontate, ma per questo estremamente illuminanti. In altre parole, quello che anima la mente di Leonardo è un metodo immaginativo, cioè un modo di utilizzare le potenzialità dell’immaginazione. È l’attitudine a costruire immagini mentali e a combinarle tra loro cercando di trovare che cosa le possa tenere insieme e continuare questa catena di connessioni, di richiami.  È la capacità, che in Leonardo raggiunge livelli altissimi, di moltiplicare consapevolmente, metodicamente, l’immaginazione e i suoi prodotti.

Questo significa “farsi universale”: pensare sempre a qualcos’altro, sempre a qualcosa in più, a qualcosa che possa essere connesso al dato di partenza, che possa concatenarsi con altra cosa in una serie potenzialmente infinita di anelli congiunti tra loro per analogia e similitudine. Come sentiremo da Valéry stesso tra poco, riferendosi a questo aspetto di Leonardo: Mi accorgo che ogni cosa lo orienta: è all’universo che egli costantemente pensa. Il pense toujours à autre chose. Sempre pensa ad altra cosa, a qualcos’altro che possa collegarsi a quella precedente e così costruisce i suoi dipinti, le sue macchine, i suoi capolavori.

SLIDE 24 – FORRA CON UCCELLI ACQUATICI

Faccio un esempio. Se Leonardo vuole rappresentare un’anatra in uno stagno, non si limita al primo dato di partenza (l’anatra che nuota), ma attorno a questo primo oggetto costruisce con estrema precisione tutto un mondo, tutto un sistema. E allora farà risaltare i cerchi dell’acqua attorno alle anatre, le increspature della corrente che si raccoglie attorno alle pietre, innalzerà una parete di roccia a contenere l’acqua, più in là aggiungerà degli arbusti e se vorrà, andrà anche più lontano col suo pensiero, immaginando e quindi vedendo con gli occhi della mente una contadina che sulla riva avanza col suo bambino e più in su, nel cielo, potrà fissare il volo repentino di un uccello, e via così. Come scrive Valéry, Leonardo “Alla minima impressione sostituisce un sistema completo”.

Ora, pensate agli studi sul volo di Leonardo.

SLIDE 25 A – VOLO

Leonardo parte dall’idea di voler far volare l’uomo. Attenzione, non gli basta vederlo planare (con delle ali statiche), Leonardo lo vuole vedere volare a volo battente cioè muovendo le ali con le sue proprie forze, proprio come fa un uccello.

SLIDE 25.B – VOLO

Allora deve osservare il volo degli uccelli, qual è l’anatomia dei loro corpi e delle ali e quali i movimenti che consentono loro di volare con tanta sicurezza.

SLIDE 25.C  – ANATOMIA

E cosa fa allora Leonardo? Deve mettere in relazione l’anatomia degli uccelli con quella umana. Per vedere dove le cose sono simili e dove bisogna intervenire da un punto di vista tecnologico per far si che il corpo dell’uomo diventi il più possibile simile a quello di un uccello.

SLIDE 25.D

Stiamo assistendo al processo mentale di Leonardo. A ciò che Valéry chiama il suo “metodo”.

Ma c’è di più. Quando Leonardo vuole studiare un fenomeno (come ad esempio il volo degli uccelli) lo mette in diretta relazione, lo inserisce in sistema con altri fenomeni simili, vicini, analoghi. Formando così una catena di sistemi differenti ma simili, assimilabili, rapportabili tra loro per similitudine di forma o funzionamento.

Così scrive:

“Per avere vera scienza del moto degli uccelli (cioè se vuoi sapere come fanno gli uccelli a volare) in fra l’aria è necessario dare prima la scienza dei venti, e questa possiamo averla studiando le acque”, ecc.

Avete capito come funziona la testa di Leonardo? Dell’uomo universale? Se capite questo passaggio avete la chiave per entrare nella mente del genio.

Questo il procedimento: per conoscere il moto degli uccelli, studio il vento, per capire il vento, studio l’acqua e viceversa, perché hanno schemi affini, strutture simili.

SLIDE 26 – DUNE

E la Natura è piena di fenomeni che pur appartenendo a sistemi diversi (ad ambienti diversi) si assomigliano per forma, figura e funzionamento e l’una cosa può chiarire meglio un’altra. La Natura stessa è la prima ispiratrice delle analogie che prendono forma nella mente di Leonardo.

VEDI IMMAGINI

Questa è la visione di Leonardo, ciò che vede l’occhio universale. Procede per similitudini, per analogie, perché nessun elemento, in natura, è davvero isolato:

niente è più diverso di un deserto arido dalla superficie dell’acqua eppure le dune, le increspature del vento sulla superficie dell’uno e dell’altro sono simili; niente di più lontano tra un cibo nutriente come il pane e una terra arsa dove non cresce niente eppure queste crepe sulla crosta (la crosta del pane e la crosta terrestre) sono simili;

Leonardo nel suo Trattato sulla pittura suggerisce un esercizio. Dice se passi davanti a un muro con la muffa, in cui si sono formate macchie e incrostazioni, da quelle macchie informi devi esercitare il tuo sguardo a vedere mostri, draghi, cavalli, battaglie. Questo è allenare l’occhio a “farsi universale”, cioè allenare la propria immaginazione. Allora niente di più facile è “farsi universale”, visto che lo sanno fare perfettamente i bambini questo tipo di operazione mentale.

SLIDE 27 – VICINO E LONTANO

L’occhio universale di Leonardo è volto a cogliere quelle “combinazioni regolari”, quelle simmetrie, quelle consonanze presenti in Natura (Baudelaire ancora le avrebbe chiamate Correspandances). Una maniera di vedere, sentire il tutto, di vedere simultaneamente il vicino e il lontano (Gioconda, dietro c’è un mondo vivo, vero); vedere simultaneamente il dentro e il fuori (feto, cranio-capelli).

SLIDE 28 – ADORAZIONE

Di vedere simultaneamente l’insieme e il dettaglio.

Un altro esempio. Ancora più straordinario.

SLIDE 29 – CAVALLO

Guardate come cavallo, volto umano e leone – che sono soggetti molto diversi – sono qui accostati da Leonardo quasi come fossero le espressioni, le fasi di uno stesso soggetto. Il cavallo diventa uomo, l’uomo leone e il leone cavallo. E guardate qui: non solo l’espressione umana è in qualche modo ricalcata su quella leonina, ma – osservate bene – guardate questi capelli. In realtà sono un intreccio di erbe e di foglie.

Allora per salutarci ascoltiamo quest’ultimo brano di Valéry che mette insieme tutto questo, tutte queste suggestioni che ho provato a mettere insieme, ma che – come avrete intuito – sono difficili da tenere insieme perché il destino di Leonardo è forse proprio quello di non poter essere tenuto insieme, di non poter essere com-preso fino in fondo.

Non vedrete le parole, ma solo immagini, richiamate dal testo.

TERZA LETTURA

Il garde, cet esprit symbolique, la plus vaste collection de formes, un trésor toujours clair des attitudes de la nature, une puissance toujours imminente et qui grandit selon l’extension de son domaine.

SLIDE 30.A

Une foule d’êtres, une foule de souvenirs possibles, la force de reconnaître dans l’étendue du monde un nombre extraordinaire de choses distinctes et de les arranger de mille manières, le constituent.

SLIDE 30.B

Il est le maître des visages,

SLIDE 31.A,B,C

des anatomies, des machines. Il sait de quoi se fait un sourire ; il peut le mettre sur la face d’une maison, aux plis d’un jardin ; il échevèle et frise les filaments des eaux, les langues des feux. En bouquets formidables, si sa main figure les péripéties des attaques qu’il combine, se décrivent les trajectoires de milliers de boulets écrasant les ravelins de cités et de places, à peine construites par lui dans tous leurs détails, et fortifiées. (…)

SLIDE 32.A

Il est dans le petit corps « timide et brusque » des enfants, il connaît les restrictions du geste des vieillards et des femmes, la simplicité du cadavre.

SLIDE 32.B,C

Il a le secret de composer des êtres fantastiques dont l’existence devient probable, où le raisonnement qui accorde leurs parties est si rigoureux qu’il suggère la vie et le naturel de l’ensemble. Il fait un christ, un ange, un monstre en prenant ce qui est connu, ce qui est partout, dans un ordre nouveau, en profitant de l’illusion et de l’abstraction de la peinture, laquelle ne produit qu’une seule qualité des choses, et les évoque toutes. (…)

Il se joue, il s’enhardit, il traduit dans cet universel langage tous ses sentiments avec clarté. L’abondance de ses ressources métaphoriques le permet. Son goût de n’en pas finir avec ce que contient le plus léger fragment, le moindre éclat du monde lui renouvelle sa force et la cohésion de son être.

SLIDE 33.A,B

 Sa joie finit en décorations de fêtes, en inventions charmantes, et quand il rêvera de construire un homme volant, il le verra s’élever pour chercher de la neige à la cime des monts et revenir en épandre sur les pavés de la ville tout vibrants de chaleur, l’été. (…)

Il est fait pour désespérer l’homme moderne….

SLIDE 34 – è FATTO PER DISPERARE

Su quest’ultima frase (“è fatto per far disperare l’uomo moderno…”) mi piacerebbe tornare (e sicuramente lo farò prossimamente).

Ma voglio concludere con un’ultima suggestione e un’ultima frase (straordinaria) di Valéry.

SLIDE 35 – MORTAI

Il segreto di Leonardo, dell’uomo universale, è la capacità di “vedere più cose di quelle che si conoscono”, di scovare relazioni fra cose a cui noi – per abitudine o per pigrizia – sfugge la continuità, la parentela. É la capacità, comune a tutti i grandi della storia, dell’arte, della scienza, della politica, di scoprire – prima degli altri – connessioni che finora erano rimaste nascoste. In altre parole, è la capacità di vedere l’invisibile,

SLIDE 35.A – VEDERE L’INVISIBILE

 cioè di riempire il vuoto attraverso l’immaginazione, istituendo connessione, collegamenti, linee di congiunzione tra i fenomeni del mondo.

VEDI IMMAGINE: sembrano fontane, sono invece 4 mortai che sparano pallini in successione. E quelle linee, non si vedono, sono le traiettorie delle pallottole. In realtà sono invisibili, ma l’occhio di Leonardo, le vede e le disegna.

Un “metodo”, o meglio, un’attitudine mentale che possiamo immortalare con questa bellissima frase che Valéry dedica al suo Leonardo:

SLIDE 36 – ABISSO

“Un abisso gli farebbe pensare a un ponte”.

E con questo ho concluso. Spero di avervi trasmesso almeno un po’ del grande fascino per questi due personaggi che, a mio avviso, hanno ancora molto da dire a tutti noi. Grazie per l’attenzione.

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