LAVORARE LA LUCE : LABORATORIO ESPERIENZIALE

LABORATORIO ESPERIENZIALE

ALCHIMIA NELLA STANZA D’ANALISI. IL CUORE E L’ALAMBICCO.

ALESSANDRO GABETTA, psicologo psicoterapeuta

L’introduzione dell’alchimia da parte di Carl Gustav Jung nell’alveo della psicologia risale ad una insoddisfazione interpretativa da parte dello psichiatra svizzero rispetto alla ricchezza del materiale onirico. Comparivano infatti motivi ricorrenti di particolare impatto e di non agevole comprensione senza il ricorso all’immaginario alchemico. Fu una coincidenza specifica ad impressionare Jung: una paziente aveva sognato un’aquila che inizialmente librava in cielo e che improvvisamente girava il capo per dilaniarsi le ali e precipitare a terra. Se il sogno poteva essere interpretato dal punto di vista simbolico come una enantiodromia per la paziente dalla dimensione spirituale celeste alla materialità terrestre, per Jung a prima vista il tema del sogno doveva avere degli antecedenti archetipici. Per caso, sfogliando la Cantilena Ripley, lo psichiatra svizzero si imbatté nella medesima immagine del sogno. L’alchimia è quindi una  fonte inesauribile di immagini che sgorgano nella vita onirica ma al tempo stesso pratica di laboratorio che presenta reali analogie con il lavoro psicoanalitico. Nel segreto della stanza di analisi come nel laboratorio dell’alchimista si tenta di modificare atteggiamento, personalità e persino il corpo, guidati dalle immagini e dagli effetti dell’archetipo della trasformazione.

ALCHIMIA REALE: ESTRARRE LA LUCE DALLA MATERIA.

GIOVANNI ATROP, studioso di Alchimia 

Se l’iniziando all’alchimia “si ostinava, contro ogni speranza, a coprire l’uscita dal labirinto, se accettava la stanchezza delle corse vane, degli erramenti sterili, l’angoscia dell’abbandono, senza mai allentare la sua volontà di indovinare l’enigma, a questo stadio la ricerca si trasformava in un drammatico combattimento spirituale in cui l’energia dell’intera psiche entrava in azione, in cui le risorse interiori mobilitate dall’estrema intensità della meditazione e provate durante anni di lotta, di prove e di sforzi, intervenivano infine in maniera sempre più opprimente fino all’improvvisa apparizione di una serie d’illuminazioni e di uno stato particolare di coscienza: lo stato di risveglio” Renè Allleau, Aspetti dell’alchimia tradizionale. 
La via della vera Alchimia solca i sentieri della materia, nei segreti di questa condensazione sensibile vi è l’accesso al sottile. Fuggire dalla materia è fuggire dallo spirito, scendere nel basso equivale a salire verso la Luce. VOLUMI E TRASPARENZE: LA SEDUZIONE DEL VETRO NELLA DIALETTICA CON LA LUCE

ANDREA TOSI, docente di letteratura e storia dell’istituto superiore ” Abate Zanetti”

Il vetro è un materiale affascinante, ha origini molto lontane ed è difficile stabilire in quale periodo e in quale luogo esatto sia avvenuta la sua scoperta. Ma la leggenda narrata da Plinio il Vecchio, nella Naturalis Historia per la quale sarebbe il frutto di una casualità, dà il via ad un viaggio suggestivo che ha sedotto storici, scienziati ed alchimisti. Certamente, il vetro,  approdando a Venezia, ebbe il suo sviluppo maggiore nel Medioevo e nel Rinascimento. Così, attraverso la  trasparenza, l’uso dei colori o di paste vitree, quali calcedonio e avventurina, ad imitazione delle pietre dure, aprì una strada che nei secoli si arricchì, via via,  di forme e decorazioni. Ma ad elevare ed esaltare questo materiale contribuisce anche l’arte  contemporanea, la quale ne svela la sua dimensione poetica ed il suo linguaggio espressivo. Il percorso creativo che, ad esempio,  può portare un artista come Livio Seguso, dopo aver assimilato le regole e le potenzialità del vetro secondo una tradizione millenaria, a tracciare una nuova strada nella prospettiva dell’opera plastica e del concettualismo scultoreo, dimostra che il vetro, quale materiale, ha una sua poetica e, in questo aspetto, la luminosità e la trasparenza sono elemento unificante. LA LUCE CONDENSATA: I SENTIERI SIMBOLICI DELL’AMBRA 

SARA GARBELLINI, archeologa

L’ uomo conosce l’ambra da migliaia di anni, eppure la magia di questo materiale continua ad affascinarlo nonostante il progredire della scienza abbia svelato la maggior parte dei suoi misteri. L’ ambra ha moltissime caratteristiche: è leggera, calda, nei suoi riflessi si vedono tutte le sfumature del colore del sole; è un dono del mare, durante la lavorazione sprigiona profumo, e il fuoco la consuma totalmente facendole sprigionare un aroma ancora piú intenso. L’ ambra è una sostanza naturale che, come la psiche fa con il ricordo, ci connette con la memoria, preservando frammenti di un mondo antico: piccole foglie, minuscoli insetti, profumi di foreste preistoriche che possono giungere intatti a noi oggi, migliaia e migliaia di anni dopo. Per queste peculiarità, gli antichi, fin da subito le attribuirono poteri protettivi e curativi, elevandola a merce preziosa: dono degli dei, lacrime delle ninfe, o materiale che arrivava dai confini del mondo oltre il giardino delle Esperidi. L’ ambra (elektron in greco) se sfregata si carica elettricamente, introducendo al tema del campo elettrostatico, di quelle inquietanti azioni a distanza che agiscono nel mondo invisibile della fisica dei campi elettromagnetici, assimilando di nuovo questa linfa naturale alle proprietà dello psichismo e alle sue azioni visibili nelle trame delle nostre vite. 

LABORATORIO ESPERIENZIALE SULLA LAVORAZIONE DELL’AMBRA

FRANCESCO PAVAN, maestro orafo

In quest’ultima parte della giornata, si verrà introdotti alla tecnica di lavorazione dell’ambra, attraverso l’illustrazione pratica di tecniche antiche legate all’arte orafa. In particolare, verrà mostrata la realizzazione di un vago (si opterà per la forma cilindrica), partendo da un pezzo d’ambra grezzo. I partecipanti  potranno così assistere a tutte le fasi di realizzazione dell’oggetto. A questo, seguirà una parte più marcatamente pratica ed esperienziale, in cui ognuno avrà la possibilità di immergersi nella manualità fine della lavorazione e della trasformazione della materia preziosa dell’ambra. Si procederà attraverso le ultime fasi della trasformazione, quella della lucidatura e, con l’ausilio di un trapano ad archetto (metodo antico) e l’assistenza del maestro orafo Francesco Pavan, quella dell’incisione del vago stesso. L’incisione scelta per la realizzazione è quella dell’occhio di dado, simbolo solare, che verrà pertanto a coincidere con la chiusura del percorso affrontato attraverso la storia e la pratica dell’alchimia nella sua natura complessa e nella sua relazione con la psicologia del profondo. Infine, applicato un cordino al piccolo manufatto, quest’ultimo potrà rimanere a ricordo dell’esperienza fatta durante la giornata di approfondimento e studio.  

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